L'ambiente
I funghi e l’ambiente: i sistemi nutrizionali dei funghi
Cominciamo col sottolineare una sostanziale differenza tra i funghi e le piante, uno dei caratteri (non l’unico) che giustificano l’autonomia del regno dei funghi (Fungi) rispetto al regno vegetale (Plantae) di cui in passato facevano parte.
I vegetali sono organismi autotrofi, cioè in grado di trarre il proprio nutrimento da elementi primari e disponibili nell’ambiente circostante, nell’acqua, nell’aria e nel terreno. In particolare assorbono sostanze inorganiche, come ad esempio sali minerali, e sono in grado di effettuare la fotosintesi clorofilliana, il noto processo biochimico che permette alle piante di sottrarre anidride carbonica dall’aria, trasformarla in energia utile al loro accrescimento e rilasciare ossigeno. Tutti gli elementi inorganici assorbiti sono quindi destinati ad una sintesi interna per ottenere sostanze organiche più complesse, necessarie alla vita del vegetale; per contro non sono in grado di assorbire elementi organici già disponibili nell’ambiente in forma complessa come ad esempio zuccheri ed amidi.
I funghi sono organismi eterotrofi, cioè basano il loro nutrimento su sostanze organiche complesse e presenti nell’ambiente in cui vivono, senza capacità di sintesi (trasformazione) interna delle stesse e nemmeno di fotosintesi clorofilliana; in altre parole, ciò di cui hanno bisogno per vivere lo devono assorbire già pronto. Per soddisfare le proprie esigenze nutrizionali, i funghi interagiscono con altri organismi naturali, vegetali, animali od altri funghi, sia viventi che morti, con tre diversi meccanismi di azione che sono saprotrofismo, parassitismo e simbiosi. A seconda del loro sistema nutrizionale, è possibile intuire l’indispensabile funzione dei funghi all’interno del ciclo biologico naturale di cui fanno parte.
I funghi saprotrofi (in letteratura indicati anche come saprofiti, termine meno corretto) possono essere definiti gli “spazzini dell’ambiente”. Infatti, si nutrono di sostanze morte, ripulendo fisicamente l’ambiente in cui vivono e, allo stesso tempo, riciclando tutte quelle sostanze organiche di cui è composto il loro nutrimento, trasformandole in sostanze inorganiche quali acqua, anidride carbonica e sali minerali; questi elementi inorganici primari vengono così restituiti all’ambiente circostante e vanno ad alimentare di nuovo il ciclo biologico naturale. Le sostanze di cui si nutrono possono essere foglie morte, legno morto a qualunque stadio (intatto, marcescente, bruciato, in forma di soli residui, ecc..), animali morti, sterco degli stessi, altri funghi morti, humus, e altro ancora. Per la Natura, essi costituiscono l’arma più efficace e veloce, insieme ai batteri, per la distruzione di tali sostanze. In questo modo l’ambiente naturale (ad esempio un bosco) è autonomo nell’autoripulirsi perché ciò che non serve più (l’equivalente della nostra spazzatura), viene riciclato completamente per por essere riutilizzato sotto altra forma. Tra i funghi saprofiti si conoscono specie che non hanno molte preferenze riguardo alla sostanza nutritiva, mentre altre sono specializzate nel nutrirsi di una stretta cerchia di materiali; ad esempio troviamo funghi che si nutrono esclusivamente di residui di latifoglie o di aghifoglie, di legno allo stadio marcescente, di sterco di animale, di legno bruciato e così via. A volte può accadere che un fungo saprotrofo nasca e cresca sul tronco di un albero vivente; questo non è necessariamente indice di parassitismo ma può voler semplicemente dire che alcune parti di quel tronco, anche minuscole, siano in verità morte. È il caso ad esempio del conosciuto Pleurotus ostreatus (“gelone”), fungo coltivato per il commercio, che nasce spesso su piante viventi, anche se di fatto è una specie saprotrofa. Per fare degli esempi, sono ritenute saprotrofe tutte le specie appartenenti ai generi: Macrolepiota, Agaricus, Lycoperdon, Panaeolus, Coprinus, Psathyrella, Entoloma, Lepista, Lepiota.
Agaricus sylvicola, saprotrofo molto comune, rinvenibile in ambiente boschivo |
Coprinopsis romagnesiana, saprotrofo poco comune che cresce su terreno ricco di residui vegetali in decomposizione |
Lepista luscina, saprotrofo rinvenibile di solito in ambiente prativo |
Macrolepiota fuligineosquarrosa, saprotrofo che necessita di un terreno ricco di humus |
Myriostoma coliforme, saprotrofo poco comune rinvenibile su terreno ricco di humus |
Pluteus murinus, saprotrofo che cresce su legno morto |
Psilocybe caerulea, saprofita comune rinvenibile su terreno ricco di humus |
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I
funghi parassiti servono per velocizzare e
portare a termine la selezione naturale, che prevede di eliminare, e
con il minor tempo possibile, gli esseri viventi deboli, e fare spazio
a quelli giovani. Ad esempio un albero indebolito sarà attaccato da
funghi parassiti che ne accelereranno la morte. Non è conveniente ne
previsto, da parte della Natura, cercare di salvare gli elementi
deboli; è meglio fare spazio a quelli giovani e forti che hanno
maggiore probabilità di sopravvivenza e che rendono più resistente e
protetto l’ambiente in cui vivono. Possiamo allora affermare che i
funghi parassiti attaccano solo gli esseri che prima si sono
indeboliti, e non è affatto vero che attaccano quelli sani per
indebolirli. Alla luce di questa precisazione è chiaro che, anche i
funghi parassiti, sono utili al ciclo biologico naturale.
Essi possono attaccare alberi e piante di ogni specie, anche fili
d’erba o muschio, ma possono attaccare, a loro volta, anche altri
funghi. Come tra i saprotrofi, anche tra i funghi parassiti è possibile
trovare delle specie che sono specializzate nell’attacco di particolari
essenze vegetali. In certi casi i funghi parassiti sono capaci di
adattarsi alla vita saprotrofica appena l’elemento attaccato muore. In
questi casi, il fungo uccide la pianta (o in generale l’elemento
attaccato) e poi ripulisce l’ambiente dei suoi resti; è il caso di Armillaria
mellea (“chiodino”)
che mette in atto un
forte parassitismo e che, una volta morta la pianta, continua a vivere
da saprotrofo fino all’esaurimento del materiale organico di cui è
composta la sua vittima. Per fare degli esempi, sono ritenute parassite
con possibilità di saprotrofismo le specie appartenenti ai generi: Armillaria,
Phellinus, Polyporus, Ganoderma,
Trametes, Perenniporia, Fomes.
Armillaria mellea, un forte parassita e poi saprotrofo di molte essenze vegetali diverse |
Asterophora lycoperdoides, parassita di altri funghi, in questo caso nata su Russula nigricans |
Exobasidion rhododendri, parassita del rododendro, come fa intuire il nome |
Fomes fomentarius, parassita e poi saprotrofo di diverse specie di latifoglie |
Fomes fomentarius, sporofori giovani e vecchi |
Ganoderma applanatum, forte parassita di specie di latifoglie |
Omphalotus olearius, parassita di diverse essenze tra cui l'olivo da cui deriva il nome |
Penicillum glaucum, fungo microscopico parassita di altri funghi, in questo caso nato su Chroogomphus helveticus |
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I
funghi simbionti (o micorrizici)
instaurano uno scambio di sostanze nutritive con altri esseri viventi,
in particolare con vegetali. Questo scambio avviene attraverso il
collegamento del micelio alle parti terminali delle radici della
pianta. È stato constatato che lo stesso micelio si può collegare
contemporaneamente a più piante diverse e che la stessa pianta può
essere micorizzata da diversi funghi contemporaneamente.
La pianta micorrizata può utilizzare il micelio o i miceli ad essa
collegati come prolungamento delle radici, in modo da avere a
disposizione una più vasta superficie di terreno per nutrirsi di
materie inorganiche; ad esempio può riuscire ad assorbire acqua e sali
minerali su una superficie di parecchi metri quadrati superiore a
quella coperta dal proprio apparato radicale. Il fungo, da parte sua,
ottiene dalla simbiosi tutte quelle sostanze organiche complesse già
sintetizzate di cui ha bisogno, che sono state costruite dalla pianta e
che, alla fine del proprio ciclo, sono per essa in esubero, come
zuccheri ed amidi.
È stato dimostrato che le piante micorrizate sono più veloci a crescere
e sono più resistenti alle malattie nonché alle intemperie. Per questo
vengono micorizzate le piante coltivate a scopo commerciale. Anche tra
i funghi simbionti troviamo specie che possono micorrizare piante anche
molto diverse tra loro, ma anche specie che instaurano simbiosi con
poche essenze o, addirittura, con una sola specie vegetale; in
quest’ultimo caso si parla di simbiosi obbligata o esclusiva. Ad
esempio troviamo funghi che si legano esclusivamente (e quindi sono
simbionti obbligati) ad ontano, salice, peccio, abete bianco, leccio,
cisto, larice, ecc…
Per fare degli esempi, sono ritenute simbionti tutte le specie
appartenenti ai generi: Boletus, Suillus,
Leccinum, Tricholoma, Russula,
Lactarius, Amanita, Hygrophorus,
Tuber.
Amanita muscaria, simbionte di molte essenze vegetali |
Caloboletus calopus, simbionte di molte essenze vegetali |
Craterellus lutescens, simbionte di aghifoglie e latifoglie |
Cortinarius claricolor, simbionte soprattutto di abete rosso (Picea abies) |
Hygrophorus olivaceoalbus, simbionte obbligato dell'abete rosso (Picea abies) |
Russula amara, simbionte del pino |
Russula lepida, simbionte di latifoglie e conifere |
Suillus grevillei, simbionte obbligato del larice (Larix decidua) |
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Quella esposta sopra è in breve l’azione dei funghi
nell’ambiente, ma è bene fare una precisazione.
La divisione appena descritta riguardo al sistema nutrizionale è
puramente artificiale e troppo semplice per permetterci di classificare
i funghi sotto tale aspetto. A rigore non esiste alcuna specie di fungo
che possa definirsi puramente saprotrofa, parassita o simbionte. La
Natura ha elaborato per i funghi sistemi nutrizionali misti, molto
complessi da studiare anche per gli specialisti e che in gran parte
sono ancora da scoprire. Come esempio possiamo considerare le specie
appartenenti al genere Entoloma che sono
saprotrofe con, per alcune di esse, la possibilità facoltativa di
simbiosi. Ultimamente si tende sempre di più a credere che tutti i
funghi siano per principio saprotrofi e che la simbiosi ed il
parassitismo siano solo particolari adattamenti del saprotrofismo
stesso, intrapresi per necessità, e a volte solo in certi momenti, da
certe specie. Tuttavia, per far comprendere meglio l’argomento ai meno
esperti, possiamo inquadrare molte specie come aventi uno di questi tre
sistemi nutrizionali, intendendo però quel sistema che, almeno
apparentemente, è predominante sugli altri, come negli esempi sopra
esposti.