Armillaria mellea (Vahl : Fr.) P. Kumm.

Armillariella mellea (Vahl : Fr.) P. Karst.- Lepiota mellea (Vahl : Fr.) J.E. Lange - Agaricus sulphureus Weinm.

chiodino, famigliola buona, sementino

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Armillaria mellea

Principali caratteri identificativi: I principali caratteri macroscopici utili ad identificare A. mellea sono riassumibili nelle lamelle inizialmente bianche e brevemente decorrenti sul gambo, la sporata bianca, l’anello ampio, membranoso (cioè tenace, persistente) e striato nella parte inferiore, in condizioni tipiche con tonalità gialle al bordo, la superficie pileica glutinosa, specialmente a tempo umido, nonché la crescita lignicola e cespitosa, solitamente a gruppi di numerosi esemplari. L’aspetto generale, tuttavia, in particolare il colore, anche in funzione del tipo di substrato, è molto variabile tanto che i meno esperti potrebbero rimanere facilmente ingannati. Il colore del cappello di A. mellea può infatti spaziare all’interno di un’ampia gamma di tonalità, dal tipico giallo-miele (da cui il nome) può presentarsi fortemente scolorito fino a quasi bianco oppure scurire fino al bruno-cupo.

Caratteri microscopici: Le spore sono lisce, ialine (trasparenti), di forma ellittica, con dimensioni 7,5-8,5 × 5,5-6,5 µm.

Habitat e fenologia: A. mellea nasce da saprotrofo, su legno ormai morto ma non in disfacimento, oppure da parassita, cioè su legno a danno di piante viventi. Da parassita, nel caso in cui la pianta muoia, può comunque adattarsi al saprotrofismo durante la crescita e nelle successive fruttificazioni. Può essere rinvenuta su legno di molte essenze diverse, latifoglie e aghifoglie, ed è molto comune e abbondante dalla pianura alla media montagna. Non ama il caldo e in Toscana inizia a fruttificare ad autunno già inoltrato, resistendo molto bene fino ai primi freddi dell’inverno.

Commestibilità: A. mellea è una specie commestibile, in certe zone molto ricercata e discretamente apprezzata. Per il suo consumo alimentare dobbiamo però raccomandare molta cautela e parsimonia ricordando i soliti accorgimenti validi anche per le altre specie commestibili: usare esemplari non troppo vecchi e in buono stato, moderarne la quantità e la frequenza, cucinarli in modo semplice e, nel caso specifico di A. mellea, eliminare i gambi e sottoporre il resto a prolungata cottura.

Specie a confronto: A. mellea può essere confusa con A. ostoyae (Romagn.) Herink che, però, presenta anello bordato di bruno, senza giallo, cappello decorato da squame scure erette e l'habitat tendenzialmente più montano. A. cepistipes Velen. e la sua forma pseudobulbosa Romagn. & Marxm., molto comuni, hanno dimensioni minori e presentano bordo del cappello striato. 
Tra le specie tossiche, che quindi è bene riconoscere, quelle che, per un occhio poco esperto, possono apparire molto simili ad A. mellea (per questo denominate volgarmente falsi chiodini), sono Hypholoma lateritium (Schaeff. : Fr.) P. Kumm. e H. fasciculare (Huds. : Fr.) P. Kumm.; tuttavia, con un po’ di attenzione, sono entrambe facilmente identificabili per l’assenza di anello membranoso, le lamelle mai bianche, la sporata scura e per il diverso colore del cappello.

Inquadramento:

  • DIVISIONE: Basidiomycota
  • CLASSE: Basidiomycetes
  • ORDINE: Agaricales
  • FAMIGLIA: Marasmiaceae

Note e curiosità: A. mellea, tra quelle commestibili, è forse la specie più difficilmente digeribile e non deve essere conservata per congelamento in quanto diviene tossica; questo accade probabilmente per la formazione di sostanze nocive favorite dal passaggio allo stato solido dell’acqua. Lo stesso fenomeno è stato registrato per le Macrolepiota. In pochi sanno che la maggior parte delle intossicazioni da funghi sono causate da specie commestibili e al primo posto troviamo proprio A. mellea con oltre il 17 % dei casi, seguita dai cosiddetti porcini (Boletus gruppo edulis) con l’8,5 % dei casi.