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Principali caratteri
identificativi: Sporofori slanciati fin da giovani, prima
di forma cilindrica poi allargati alla sommità, alti fino a 15 cm
(eccezionalmente oltre) con parte più larga fino a 4 cm. Inizialmente
di colore giallo, divengono sempre più ocra brunastri con la crescita,
biancastri alla base, bruno vinosi dove contusi o manipolati. Imenoforo
nella metà superiore poco differenziato, rugoso, reagisce al KOH con
una colorazione tipicamente arancio, ma, a volte, anche giallastra
[vedere confronto con C.
pistillaris (L.
: Fr.) Donk]. La carne è soda all’inizio, poi spugnosa, bianca, virante
al bruno vinoso se esposta all’aria, di sapore amaro e senza odori
particolari.
Caratteri microscopici: Spore lisce, irregolarmente ellissoidali, di 11-13 × 5-7 μm, pluriguttulate, giallo-ocra in massa.
Habitat e fenologia:
Specie tipicamente mediterranea, con habitat termofilo rappresentato
dalle quercete, dove sono stati trovati gli esemplari qui raffigurati.
Dato l’habitat termofilo, comincia a fruttificare inautunno e può essere raccolto fino ai primi freddi dell’inverno.
Commestibilità:
Specie da ritenere non commestibile per la carne di
consistenza spugnosa e amarognola [vedere note di commestibilità in C.
pistillaris (L.
: Fr.) Donk].
Specie a confronto: La maggior parte della letteratura considera C. flavoimmaturus una specie indipendente e diversa da C.
pistillaris (L.
: Fr.) Donk per la reazione dell’imenoforo al KOH, arancio anziché
giallo, l’habitat di latifoglie termofile (quercia, prevalentemente
leccio), anziché faggio, e, a volte, anche per le spore leggermente più
corte e più strette. Tuttavia, la differenza tra le due specie non è
sempre così netta e, addirittura, in qualche raccolta non è
apprezzabile, tanto da far sorgere qualche dubbio sulla reale autonomia
dei due taxa. A
rigore, i caratteri sopra citati sono discutibili. Per primo l’habitat,
che potrebbe non avere valenza tassonomica come accade per le
moltissime specie che fruttificano in ambienti molto diversi tra loro.
Le differenze microscopiche indicate sono inoltre troppo piccole, di
circa 1 μm, e potrebbero benissimo essere dovute a molti altri fattori
più o meno occasionali o ad errori vari di misurazione, oltre al fatto
che non sono risultate apprezzabili nelle raccolte da noi effettuate.
Resta la reazione macrochimica dell’imenoforo al KOH, il carattere
differenziatore ritenuto più importante, che merita qualche
considerazione in più. C. flavoimmaturus fu creato dal micologo e botanico statunitense Ronald H. Petersen nel 1974 come una specie vicina a C. pistillaris,
sulla base di una raccolta effettuata nel sud della Francia sotto
leccio e pino d’Aleppo. Nella diagnosi originale stilata in latino da
Ronald H. Petersen nel 1974 si legge <<… hymenium in KOH luteum …>>; l’aggettivo luteum
riferito al colore è di fatto ambiguo in quanto significa nell’ordine:
di color giallo dorato, arancione, croceo, giallo uovo, giallo
rosseggiante, rosso rosato, porporino chiaro. Questo può essere un
problema se alla sfumatura di colore viene dato peso tassonomico. Nelle
discussioni riportate di seguito alla descrizione della nuova specie,
questa viene poi giustificata (questa volta, fortunatamente, in
inglese) sostanzialmente con due caratteri. Il primo è la colorazione
giallo limone dei giovani esemplari che, anche da maturi, manterrebbero
una banda gialla e distinguibile sotto l’imenoforo; tale carattere
viene indicato come unico in tutto il genere Clavariadelphus.
Il secondo è, appunto, la reazione dell’imenoforo al KOH che
risulterebbe aranciata, come via di mezzo tra quella gialla di C. pistillaris e quella rossa di C. truncatus
(Quél.) Donk. Tale osservazione specifica con chiarezza il colore
inteso con l’aggettivo luteum della diagnosi originale, ma non è
escluso che questo possa aver dato origine a parte della confusione
riscontrabile in letteratura. Relativamente alla nostra
esperienza, non abbiamo mai osservato la banda gialla che, secondo
l'autore della specie, rimarrebbe distinguibile sui vecchi esemplari
raccolti sotto querce. Abbiamo inoltre eseguito diversi test di
reazione al KOH, anche direttamente sul campo, che, però, non ci hanno
sempre risolto il problema della determinazione. Per certe raccolte,
effettuate nei due differenti habitat (quercia e faggio), la reazione è
stata la stessa, definibile giallo-arancio. In altri casi, esemplari
cresciuti sotto faggio hanno reagito al giallo citrino, mentre quelli
di quercia hanno reagito con un arancio netto, in linea con quanto
riportato su molti testi. Una spiegazione possibile, ancora da
verificare, è che tale reazione dipenda da una serie di fattori
indipendenti dalla specie e difficilmente valutabili; tra questi il
grado di umidità degli sporofori, la loro età, la temperatura, il punto
di applicazione del reagente e la concentrazione dello stesso. Quindi,
in tempi e habitat diversi, la reazione potrebbe apparire diversa anche
nella stessa specie. Per quanto detto, ulteriori studi sono auspicabili al fine di definire con certezza il confine tassonomico di queste specie. |